Nel Regno delle Due Sicilie, nei domini al di qua del Faro, la Gran corte criminale fu istituita dalla legge organica dell'ordine giudiziario 29 mag. 1817, n. 727, in ogni provincia, nelle stesse sedi dei tribunali civili. Era composta di massima da un presidente, sei giudici, un regio procuratore generale e un cancelliere (artt. 73 e 74). Giudicava in prima e unica istanza tutte le cause di "alto criminale" (art. 77), mentre in appello decideva le cause definite in prima istanza dai giudici circondariali in materia correzionale e di polizia (art. 78). Contro le decisioni della Gran corte criminale poteva essere esperito soltanto il ricorso alla Corte suprema di giustizia (art. 85). In presenza di più gravi figure di misfatti la Gran corte criminale assumeva il titolo di Gran corte speciale cooptando il presidente e ove necessario uno o due giudici del Tribunale civile della provincia, decidendo con procedura abbreviata e senza possibilità di ricorso alla Corte suprema di giustizia, eccetto i casi di condanna a morte o di pene perpetue (artt. 86, 87,91). Le competenze delle Gran corti criminali con sede a Catanzaro, Aquila e Trani furono devolute dalla legge 9 dic. 1825, n. 414, alle rispettive Gran corti civili, ma a seguito della legge 9 apr. 1832, n. 835, fu operato il ristabilimento di detti uffici.
[espandi/riduci]Nei domini al di là del Faro, invece, fu la legge 7 giu. 1819, n. 1612 (Legge organica dell'ordine giudiziario per i reali domini oltre il Faro), ad istituire quattro Gran corti criminali, nei capoluoghi delle province di Girgenti (oggi Agrigento), di Noto (prima del 1838 Siracusa, ma di fatto residente in Siracusa, anche dopo aver cambiato denominazione), di Trapani, di Caltanissetta. La medesima legge prescriveva che le funzioni di Gran corte criminale, per le province di Palermo, Messina e Catania, fossero svolte dalla rispettiva Gran corte civile. Con legge 27 dic. 1840, n. 6803, fu invece istituita anche a Palermo una Gran corte criminale, distinta dalla Gran corte civile. Ogni Gran corte criminale si componeva di un presidente, sei giudici, un regio procuratore generale, incaricato del pubblico ministero e un cancelliere. Decideva, in prima ed unica istanza, tutte le cause riguardanti "misfatti" commessi nella propria provincia. Quale giudice di appello, decideva sulle cause relative a reati correzionali o di semplice polizia, già trattate dai giudici di circondario, o dai supplenti, sempre commessi nella propria provincia. Contro le decisioni della Gran corte criminale era ammesso solo il ricorso alla Corte suprema di giustizia di Palermo. In taluni casi ritenuti più gravi - ed espressamente indicati dalla legge - la Gran corte criminale assumeva nome e funzioni di Gran corte speciale, cooptando il presidente e, ove necessario, anche uno o due giudici del Tribunale civile della medesima provincia. Le decisioni emesse dalla Gran corte speciale non ammettevano ricorsi, ma soltanto revisioni d'ufficio da parte della Corte suprema di giustizia in Palermo, quando fossero comminate condanne a morte o a pene perpetue, purché la decisione fosse stata presa con meno di sei voti. Da tali regole si distaccavano, e si consideravano eccezioni, le corti marziali per i moti del 1821 (decreti 22 ago. 1821, n. 281, e 18 dic. 1821, n. 295); i giudizi celebrati dinanzi le Gran corti criminali nella forma abbreviata col metodo "de mandato" (decreti 12 apr. 1823, n. 605, e 1° dic. 1823, n. 873); le commissioni per i reati di Stato (decreti 24 mag. 1826, nn. 672 e 673), poi abolite con il decreto 1° lug. 1846, n. 10230. La legge 27 dic. 1840, n. 6803, oltre ad istituire la Gran corte criminale di Palermo, stabilì pure che le sentenze emesse da una Gran corte criminale ed annullate dalla Corte suprema di giustizia di Palermo, comportavano il trasferimento delle relative cause alla più vicina Gran corte criminale. Il decreto 2 dic. 1841, n. 7075, istituì presso ogni Gran corte criminale una Camera di disciplina degli avvocati.
Dopo il plebiscito di annessione al Regno d'Italia, il principe Eugenio di Savoia estese l'ordinamento giudiziario e il rito penale alle province napoletane con decreto luogotenenziale 17 feb. 1861, n. 239, di cui venne differita l’effettiva entrata in vigore al 1° maggio 1862, così come indicato nella relazione del Guardasigilli al r.d. 6 apr. 1862, n. 530.
Contesti storico-istituzionali di appartenenza:Profili istituzionali collegati:Soggetti produttori collegati:Redazione e revisione:- Altieri Magliozzi Ezelinda, revisione
- Muzi Paolo, revisione
- Nigro Gino, prima redazione
- Santolamazza Rossella, redazione centrale SIAS, 2021/02/22, supervisione della scheda
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