sec. XV - 1807
I vicariati sin dal XV secolo erano delle forme di aggregazione e di organizzazione dei territori sotto il controllo e il potere di Firenze, con rilevanti prerogative di governo locale e di giurisdizione criminale e civile. Il Vicario era dotato di ampia autorità quale rappresentante del governo centrale all'interno della sua circoscrizione e nei confronti delle diverse podesterie e comunità che ne facevano parte; era inoltre giudice civile, nel suo luogo di residenza, giudice criminale ordinario per tutta la circoscrizione ed aveva funzioni di giudice istruttore nelle cause anche superiori alla propria competenza. In tal senso era dotato di propri organi esecutivi, di notai, di scrivani e di un bilancio autonomo ed era sottoposto al diretto controllo del potere centrale.
Con le riforme leopoldine dell'ordinamento giudiziario e del governo delle comunità, i vicari, analogamente ai podestà, videro in qualche modo ridursi alcune loro precedenti prerogative, con il mantenimento tuttavia delle funzioni giudiziarie, di polizia, di vigilanza sull'ordine pubblico e sulla regolare applicazione delle leggi, regolamenti e procedure da parte degli organi periferici di governo. Competeva ai vicari, tra le altre funzioni non direttamente giurisdizionali, la vigilanza sulla condotta dei notai, dei podestà, dei procuratori, dei bargelli, messi ed esecutori, con periodiche relazioni al governo centrale; ad essi era affidata la particolare tutela dei pupilli, degli incapaci, delle persone povere e la vigilanza sulla gestione delle tutele e curatele e sulla educazione dei giovani. Avevano la cura e vigilanza sulle carceri e sulla condizione dei carcerati; sul buono stato delle parrocchie e delle fabbriche pubbliche, degli ospedali, delle scuole e stabilimenti di educazione. Esercitavano una particolare vigilanza sugli oziosi e vagabondi, sui forestieri e sulle persone sospette, sui luoghi di pubblico ritrovo. Nelle funzioni di polizia e di "potestà economica" potevano erogare multe, precetti e pubbliche riprensioni, il carcere fino a tre giorni, la reclusione in casa di correzione, dopo la verifica dei fatti, la loro contestazione, sulla base di fondati sospetti e anche in mancanza di prove piene. Potevano anche condannare i vagabondi all'esilio perpetuo dal Granducato. Nell'ambito dell'amministrazione delle comunità, competeva ai Vicari la vigilanza sulla condotta dei cancellieri comunitativi, sulla imparzialità e corretto esercizio delle loro funzioni; competeva loro, tra le altre cose, anche la vigilanza sulle attività dei medici e chirurghi condotti. Di particolare delicatezza e rilevanza erano in sostanza le prerogative di polizia e di controllo e mantenimento dell'ordine pubblico con un complesso intrecciarsi di relazioni e rapporti con il potere centrale e i ministri.
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1814 - 1848
Con provvedimento del commissario plenipotenziario Giuseppe Rospigliosi del 27 giugno 1814 vennero istituiti vicari regi provvisori nei circondari dei Commissariati regi di Arezzo, Pistoia, Modigliana, Pisa, Volterra e Montepulciano e nella giurisdizione e nei territori del Governo civile di Livorno, del Luogotenente generale di Siena, del Commissariato provvisorio di Pontremoli, del Commissariato di Grosseto. Venivano loro attribuite le medesime "prerogative" di polizia che i vicari avevano posseduto anteriormente al 1807, da attuare sotto le dipendenze e il controllo della Presidenza del buongoverno e delle altre magistrature intermedie; si preannunciava anche il ripristino delle precedenti attribuzioni giudiziarie, nel civile e nel criminale. Fu fatta eccezione per i tre vicari regi della Lunigiana e i quattro vicari regi del Commissario di Grosseto a cui vennero attribuite funzioni giurisdizionali civili e criminali, essendo stati aboliti i tribunali di prima istanza di Pontremoli e di Scanzano.
Con le disposizioni delle Segreterie di Stato in materia di procedura criminale dell'8 luglio 1814 e con le relative istruzioni del 12 luglio 1814 si determinarono le competenze e le procedure, nel criminale, dei tribunali di prima istanza e della Rota criminale di Firenze, stabilendo e articolando i compiti dei vicari in ordine alla istruzione dei processi criminali di competenza della rota criminale e dei tribunali di prima istanza, e in ordine alla esecuzione delle loro sentenze. Il provvedimento dell'8 luglio richiamava in vigore la legge del 30 agosto 1795 sui giudizi criminali e tutte le disposizioni che essa lasciava sussistere in materia di giustizia punitiva. Dopo pochi mesi, con la riforma dei tribunali e magistrati civili del Granducato, attuata con provvedimento del 13 ottobre 1814, vicariati regi e podesterie furono ripristinati in tutto il territorio del Granducato nello stato in cui si trovavano nel dicembre 1807, salvo alcune variazioni territoriali e con uno schema generale semplificato. I vicariati, insieme alle podesterie e ad altre magistrature del Granducato, vennero inseriti, nell'ambito delle loro competenze civili, nella giurisdizione delle rote civili di prima appellazione. Nel civile giudicavano, con giurisdizione piena, ma limitata ai territori della loro circoscrizione non soggetti a podesterie, nelle cause "ordinarie, sommarie, esecutive, mere civili, miste e commerciali". Erano invece sottoposti ai vicari, nel contenzioso e nell'economico, i minori e gli incapaci, sia nell'ambito della loro particolare giurisdizione, sia nel territorio delle podesterie comprese nella loro giurisdizione criminale. In appello giudicavano nel civile le cause decise in prima istanza dai podestà, se di merito inferiore alle lire duecento. Per le decisioni dei Vicari era previsto appello, nelle cause inferiori alle lire duecento, ai commissari regi, agli auditori di governo, al magistrato civile e consolare di Livorno, al magistrato supremo civile di Firenze; per le cause superiori alle lire duecento o di valore incerto o non suscettibile di stima si interponeva appello alle rote civili di prima appellazione. Nel criminale giudicavano le cause la cui pena era inferiore al "confino", assumendo di fatto le competenze dei tribunali di prima istanza in via di abolizione; l'appello era di spettanza della Rota criminale di Firenze. Con le istruzioni della Presidenza del buongoverno ai governatori ed ai commissari regi in data 16 aprile si riaffermò la suprema direzione del Buongoverno sugli affari in materia di polizia e sull'esercizio della "potestà economica", e si confermarono le prerogative dei vicari nelle competenze giurisdizionali, amministrative e di polizia, richiamando tuttavia la necessità di uno stretto rapporto e un coordinamento con i governatori e i commissari regi. Si determinò, tra l'altro, uno stretto collegamento con la Presidenza del buongoverno attraverso l'invio di rapporti settimanali sulla situazione dei territori, e sulle cause decise o in corso di decisione. Le funzioni proprie dei vicari, in ambito giudiziario, furono svolte nei capoluoghi dei circondari, dagli auditori di governo o dai commissari regi.
Con notificazioni della consulta 23 agosto 1834 si determinò la classificazione dei vicariati e podesterie del Granducato in cinque e quattro classi, al fine anche di determinare per i giusdicenti e loro addetti "un trattamento pecuniario certo e costante [...] posante tutto direttamente sul regio erario". Con la successiva riforma dei tribunali civili e criminali, attuata con motuproprio 2 agosto 1838 si realizzò, invece, una nuova ripartizione territoriale dei vicariati, inseriti nell'ambito delle circoscrizioni dei tribunali collegiali di prima istanza. Vicariati e podesterie erano compresi, sotto il profilo amministrativo e di polizia, nei vari circondari di commissariato e di governo, conservando tutte le attribuzioni in materia di polizia amministrativa che avevano in passato. Nel giudiziario le competenze dei Vicari vennero limitate; in ambito civile rimasero le medesime di quelle dei giudici civili e dei podestà, con giudizio nelle cause di furto semplice o di "danno dato" di valore non superiore alle lire dieci, e nelle cause di offese lievi o ingiurie con pena prevista non superiore a giorni otto di carcere ed a lire venticinque di multa; istruivano poi gli altri processi criminali da inoltrare al regio procuratore presso il tribunale di prima istanza per la prevista trasmissione al tribunale stesso e alla corte regia, a seconda della natura del provvedimento. Una circolare della Presidenza del buongoverno del 17 ottobre 1844 stabilì che ai vicari fossero date le stesse facoltà dei commissari di polizia di Firenze e Livorno per le condanne a pene pecuniarie in via "economica" (multe fino alla somma di lire dieci). Modifiche significative all'organizzazione territoriale dei vicariati e delle podesterie vennero infine determinate a seguito di notificazione della Consulta regia del 10 giugno 1846.
I vicari furono soppressi con legge 9 marzo 1848 e le loro competenze ereditate dalle preture.
Contesti storico-istituzionali di appartenenza:Profili istituzionali collegati:Soggetti produttori collegati:Redazione e revisione:- Altieri Magliozzi Ezelinda, revisione
- Biotti Vittorio, prima redazione
- Santolamazza Rossella, redazione centrale SIAS, 2021/04/23, revisione