Date di esistenza: 1392 - 1806
Sedi: Belluno
Intestazioni di autorità:- Collegio dei notai di Belluno (1392 - 1806), SIUSA/NIERA
Tipologia:- preunitario
- ordine professionale, associazione di categoria
Note storiche:Una corporazione di notai risulta attestata a Belluno sin dal medioevo: sappiamo infatti come già nel XIV secolo qui - così come a Feltre, Mel e Cesana - fossero attivi notai investiti dell'autorità di rogare atti da parte dell'imperatore o del papa e come nel 1352 esistesse uno statuto del Collegio dei notai di Belluno; in quel momento i notai attivi nel comune erano circa duecentosettanta, ragion per cui fu necessario rivedere lo statuto stabilendo di tenere una matricola dei notai appartenenti al collegio, di fissare delle regole per un corretto esercizio della professione e di stabilirne le modalità di accesso: il superamento di un esame, il conseguimento del ventesimo anno di età, l'esercizio esclusivo delle arti liberali e il possesso della cittadinanza bellunese; in quel periodo infatti la formazione all'esercizio della professione veniva acquisita attraverso la pratica in uno studio notarile, spesso nell'ambito della medesima famiglia di origine.
Dell'attività dell'ente non conserviamo oggi nessuna evidenza documentaria, come matricole, formulari o libri contabili, né si è conservato lo statuto del Collegio. Alcune norme dirette a disciplinare l'attività del notaio ad instrumenta erano inserite nello statuto del comune di Belluno, una raccolta di capitoli normativi articolata nel 1392 sotto la dominazione viscontea, che rimase sostanzialmente in vigore fino alla caduta della Repubblica di Venezia, poiché scarsi furono i mutamenti intervenuti nella prima edizione a stampa nel 1525. Gli statuti fissavano in modo preciso le tariffe per la rogazione degli atti e stabilivano pene per i clienti insolventi, definivano l'obbligo per i notai di consegnare gli atti entro otto giorni dalla richiesta, deprecavano l'impiego di abbreviazioni e numeri romani, imponevano l'obbligo di indicare il nome del notaio rogante e quello delle parti contraenti, determinavano l'obbligo di registrazione per gli atti che comportassero traslazione di beni.
[espandi/riduci]Non risulta invece che fossero in vigore norme particolari per la tenuta degli atti di ultima volontà, se non quelle stabilite dal doge Pasquale Malipiero in una ducale del 20 novembre 1458 richiamata da alcune annotazioni presenti negli statuti bellunesi manoscritti, con cui raccomandava che il notaio «debia tegnir un libro ben ligado, che non se possa azonzere carte, nè levar, et subito notare quello si serà commesso et non scrivendo questi, non possa esser nodaro in quel luogo, et sia privado d'esser nodar, et pagi lire 100 de piccoli da esser divisi, la metà nel commun de Venesia, l'altra metà al Retor». Il doge Malipiero prescriveva anche che il notaio non potesse registrare sentenze giudiziarie favorevoli o contrarie ad un suo familiare, che non potesse diventare avvocato e che in caso di trasferimento in altro comune lasciasse il suo registro al cancelliere del podestà.
Particolare attenzione era riservata anche alla regolamentazione dell'attività dei notai ad acta, ovvero di coloro che intraprendevano la carriera curiale nell'amministrazione della giustizia; in questo senso il Collegio dei notai tornò più volte a revisionare lo statuto: così nel 1411 e di nuovo il 21 ottobre 1416, quando fu approvato dal rettore della città e confermato dagli statuti del comune; il 15 luglio 1427 il Consiglio dei dieci dovette intervenire per chiarire quale fosse la competenza del cancelliere pretorio circa le cause di danno e furto; il 24 luglio 1427 una ducale di Francesco Foscari (trascritta sia nello statuto di Belluno che in quello di Feltre) limitò le funzioni del cancelliere pretorio alla scrittura delle sole sentenze «in criminalibus»; infine, il 13 gennaio 1505 il diritto di rogare atti civili e di scrivere estimi venne rivendicato ancora dal Collegio dei notai di Belluno e ribadito da una ducale di Andrea Gritti del 25 maggio 1533.
Il Collegio era presieduto da due gastaldi, eletti ogni anno il 4 ottobre nella ricorrenza della festività di San Francesco; ogni quattro mesi invece erano nominati otto notai al maleficio, ufficio di origine comunale deputato all'istruzione di processi criminali da sottoporre al giudizio del podestà, che non fu modificato dal dominio veneziano, ma perse progressivamente importanza a causa della delegazione o avocazione delle cause da parte del Consiglio dei dieci.
Le riunioni del Collegio dei notai di Belluno si svolsero di norma, fino al 1405, nel battistero di San Giovanni Battista vicino al Duomo, e successivamente nella chiesa di San Lorenzo in Servano, fino alla riedificazione di quest'ultima nel 1775. I notai al maleficio invece rogarono fino al 1534 nella cancelleria pretoria, finché nel 1536, viste le proteste del rettore Rimondi, ottennero un'altra sede.
L'attenzione per un controllo sull'esercizio del notariato nei domini della Terraferma crebbe all'interno del Senato veneziano già verso la metà del XVI secolo, come risulta dalle relazioni consegnate dai rettori alla fine del loro mandato. Nel XVII secolo, in modo particolare nel Cadore, crebbe il numero dei notai di autorità veneta nominati dai rettori, che arrivarono a costituire una classe di professionisti in concorrenza con quella formata dai notai nominati dai collegi cittadini. I Conservatori ed esecutori delle leggi di Venezia cercarono allora di limitare il numero dei notai attivi e di regolamentare la situazione con norme più selettive per la nomina dei notai di autorità veneta; in particolare la nomina dei notai divenne facoltà esclusiva del rettore, che esaminava il candidato assistito da due assessori e da quattro notai del collegio dei notai della città (patente del 20 dicembre 1613).
Anche in questo caso Venezia concesse ampia autonomia alle città suddite, riconfermando le norme di ammissione ai collegi notarili stabilite dagli statuti e concedendo a Belluno di mantenere molte delle consuetudini relative alla formazione ed alla nomina di notai (18 marzo 1666), tuttavia non mancarono altri interventi volti a regolamentare il notariato in Terraferma, come l'obbligo di possedere la laurea imposto dal 1668 ad avvocati e notai che volessero esercitare la professione e la prescrizione della revisione annuale dei protocolli imposta dai Conservatori ed esecutori delle leggi, così come l'obbligo di conservare gli atti di ultima volontà separatamente dagli altri atti (deliberazione del Senato dell'8 agosto 1744; determinazione dei Conservatori alle leggi del 17 febbraio 1755).
Relazioni con altri soggetti produttori:Complessi archivistici prodotti:Bibliografia:- L. ALPAGO-NOVELLO, Un'infornata di notai a Belluno nei primi anni del '500, in «Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore», X (1938), n. 55, pp. 937-939.
- E. BACCHETTI (a cura di), Statuti di Belluno del 1392 nella trascrizione di età veneziana, Roma, Viella, 2002
- E. BACCHETTI (a cura di), Belluno Statuti del 1392. Testi scelti, tradotti e annotati, con una presentazione di G. ORTALLI, Roma, Viella, 2005., pp. 145-147.
- A. GAUDENTIUS, Scripta anecdota glossatorum, III, Bononiae, in aedibus successorum Monti, 1901, pp. 354-367.
- G. FABBIANI, Notizie sul notariato cadorino, in «Rassegna economica», n. 6 (1964), n. 1-2 (1965), pp. 12-24, 34-52, 7-21.
- M. P. PEDANI FABRIS, "Veneta auctoritate notarius". Storia del notariato veneziano (1514-1797), Milano, 1996, pp. 179-186.
Redazione e revisione:- Marzotti Pasqualina Adele, 2017/05/08, rielaborazione
- Spada Roberta, 2006/05/31, prima redazione in SIAS