1530 - 1569
Le "Ordinazioni" del 27 aprile 1532 che istituivano il principato ereditario mediceo operarono cambiamenti solo nelle strutture politiche del vertice dello Stato fiorentino, lasciando invece pressoché inalterata la galassia di magistrature e uffici nei quali si esprimeva tradizionalmente la rappresentanza politica della cittadinanza fiorentina. Fu infatti abolita la Signoria e così anche i consigli della Repubblica. Al loro posto subentrarono il Consiglio dei Duecento, il Senato dei Quarantotto, il Magistrato dei quattro consiglieri, presieduto dal principe, che però, sin dall'inizio, si fece sostituire da un suo luogotenente, tanto che questa magistratura si chiamò Magistrato del luogotenente e consiglieri o Magistrato supremo. I membri del Consiglio dei Duecento, la cui carica era vitalizia, nominati la prima volta dai dodici riformatori che avevano redatto la costituzione, furono in seguito designati dal principe fra i cittadini fiorentini; lo stesso si dica per i senatori, che dovevano essere scelti nel Consiglio dei Duecento. I quattro consiglieri erano eletti fra i senatori dai Dodici accoppiatori, nominati fra i membri del Senato dei Quarantotto. Rimasero invece in funzione, all'inizio, immutate almeno nella forma, le antiche magistrature amministrative, finanziarie e giudiziarie, che poi furono gradualmente modificate da Cosimo I e dai suoi successori. Queste erano rette da organi collegiali i cui membri continuarono all'inizio ad essere scelti per tratta, o estrazione a sorte, fra i cittadini fiorentini che avessero determinati requisiti, secondo il metodo in uso nella Repubblica fiorentina.
[espandi/riduci]Alessandro e poi Cosimo I svuotarono però di ogni contenuto politico gli organi di governo istituiti dalle Ordinazioni, che pure rimasero formalmente in vigore fino alla piena epoca lorenese. Il Consiglio dei Duecento e il Senato dei Quarantotto ebbero vita grama, il Magistrato dei consiglieri ebbe solo competenze giurisdizionali e si limitò a registrare le leggi e le norme aventi pubblica rilevanza emanate dal principe. Questi dal canto suo si servì per la sua azione politica di persone di fiducia, i segretari, direttamente nominati da lui, anche al di fuori della cittadinanza fiorentina, il cui possesso ai tempi della Repubblica era indispensabile per chi volesse accedere alle cariche pubbliche. Per i problemi giuridici egli cominciò a nominare come consulenti giureconsulti di chiara fama - gli auditori - spesso forestieri. L'istituzione del principato portò quindi alla creazione di nuovi organi legati al mutamento del regime, quali la Pratica segreta di Firenze, gli uffici della corte e quelli addetti all'amministrazione del patrimonio del principe, patrimonio che, nella indistinzione tra pubblico e privato, tipica dello stato patrimoniale, aveva anche rilevanza pubblica. Essi erano: la guardaroba, lo scrittoio delle fortezze e fabbriche e lo scrittoio delle possessioni. I segretari si occupavano degli affari politici, del carteggio con le legazioni toscane all'estero, di alcuni affari interni di maggiore rilevanza e degli affari militari; la Pratica segreta fungeva da organo consultivo al quale il principe si rivolgeva per gli affari interni di maggiore rilevanza. La guardaroba, lo scrittoio delle fortezze e fabbriche e quello delle possessioni badavano all'amministrazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare di casa Medici. Infine fu creata l'amministrazione della Magona per gestire le miniere, soprattutto quelle del ferro, considerate patrimonio del principe.
Dell'antica Repubblica rimase operante, in definitiva, una sola carica di rilevanza politica: quella dell'"officiale" delle Riformagioni, custode dell'archivio omonimo nel quale erano conservati gli atti politici e i documenti che concernevano l'espansione territoriale della Repubblica fiorentina: trattati di pace con le città mano a mano assorbite, atti di dedizione, trattati con vari potentati, concessioni di privilegi. Questo ufficio rivestì grande importanza sotto Cosimo I. Il suo titolare divenne come il notaio della corona ed assunse il titolo di auditore. Era inoltre il segretario della Pratica segreta e del Senato dei Quarantotto. Continuò a funzionare, immutato nella sua struttura, l'ufficio delle tratte, chiamato poi segreteria, che al tempo della Repubblica provvedeva all'assegnazione delle cariche per estrazione a sorte, e dopo l'istituzione del principato ebbe anche l'incombenza di sbrigare le pratiche relative all'assunzione degli addetti ai pubblici uffici, comunque nominati.
Grande importanza assunse anche la carica di auditore, consigliere legale del principe, che esaminava le suppliche presentate dai sudditi e si occupava altresì della concessione dei benefici ecclesiastici.
Per il resto la struttura amministrativa dello Stato non era organizzata in maniera organica, ma risentiva direttamente delle esigenze diverse che nel corso del tempo avevano dato luogo all'istituzione delle varie magistrature. Ciascuna di esse esercitava funzioni che solo dopo la rivoluzione francese sarebbero state separate ed affidate a branche specializzate. A parte i tribunali, quasi tutte le magistrature, oltre ad esercitare una particolare funzione amministrativa, riscuotevano imposte ed esercitavano anche la giurisdizione per le materie di loro competenza.
Il territorio dello Stato era diviso originariamente in "contado" - la parte di territorio più vicina a Firenze e più anticamente soggetta al Comune corrispondente press'a poco alle diocesi di Firenze e Fiesole - e "distretto", del quale andarono a mano a mano a far parte i territori sottomessi nel corso del processo di espansione politica che ebbe luogo a partire dal XIV secolo. A queste due parti si era aggiunta nei primi anni del '400 la provincia pisana, mentre Pistoia e la sua Montagna avevano anch'esse un regime speciale. Dal 1557 si aggiunse poi a seguito della conquista militare operata da Cosimo I con il sostegno spagnolo-imperiale, lo Stato di Siena, che conservò un ordinamento separato. Il suo territorio era amministrato da organi centrali residenti a Siena ed affidati in gran parte a cittadini senesi, sotto il controllo però di un governatore e di un auditore di nomina granducale. Così, dopo la conquista e l'investitura di Siena, l'intero principato si divise in "Stato vecchio" e "Stato nuovo" (il senese), amministrati separatamente e con sistemi diversi, riuniti nella persona del sovrano che aveva in Siena un governatore, esecutore della sua volontà.
Quanto alle circoscrizioni territoriali, sia lo Stato vecchio che quello di Siena erano divisi in vicariati e i vicariati in podesterie; queste cariche erano affidate rispettivamente a cittadini fiorentini e senesi. I vicari vi esercitavano la giurisdizione criminale e civile, i podestà solo quella civile. Vicari e podestà avevano anche funzioni amministrative e rappresentavano l'amministrazione centrale.
Le comunità locali, il cui ambito territoriale, a parte le inevitabili variazioni, era stato stabilito in tempi molto antichi (per alcune addirittura si può risalire al tempo della conquista da parte delle due "dominanti"), erano nello Stato vecchio sottoposte al controllo dei Cinque conservatori del dominio fiorentino, istituiti nel 1420 "ad resecandas expensas comunitatum", poi alla giurisdizione degli Otto di pratica, per quanto riguardava le loro controversie, infine al magistrato dei Nove conservatori della giuridizione e del dominio fiorentino, istituito nel 1560, che riunì in sé le funzioni delle due preesistenti magistrature, allora soppresse.
Ai Nove fu anche affidata la riscossione e la gestione di un'imposta istituita nel 1545, quella delle cosiddette "spese universali", che doveva essere pagata dai possidenti del distretto fiorentino, mentre quelli del contado pagavano al medesimo magistrato la decima, un'imposta sui beni immobili istituita alla fine del Quattrocento per i cittadini fiorentini ed estesa subito dopo al contado.
Oltre a queste, ai Nove fu affidata in vari tempi la riscossione e la gestione di altre numerose imposte pagate da tutte o da alcune comunità dello "Stato vecchio". A partire dall'inizio degli anni settanta del Cinquecento vennero dotati di un efficace strumento di raccordo con le comunità attraverso la progressiva istituzione di una rete di cancellieri - ognuno dei quali operava sul territorio di una cancelleria, comprendente di solito più comunità - funzionari stabili dotati di molteplici compiti di controllo sull'operato degli organismi amministrativi locali.
Alla giurisdizione e controllo dei Nove era però sottratto il territorio di Pistoia e della sua Montagna, sottoposto dal 1532 prima direttamente al Magistrato supremo, poi ai Quattro commissari di Pistoia ed infine alla Pratica segreta, che, come organo tutorio di questa parte di territorio, si riuniva in sedute separate ed aveva un archivio anch'esso separato.
Infine le comunità dello Stato vecchio erano sottoposte al controllo tecnico dei Capitani di parte per quanto riguardava l'esecuzione dei lavori pubblici da esse finanziati. Questa magistratura conservò ancora nel principato il potere di perseguire i ribelli e di confiscarne i beni, ma poi, inglobati in essa nel 1549 gli Ufficiali di torre e istituiti nel suo interno gli Ufficiali dei fiumi, ebbe sempre più il compito della progettazione e dell'esecuzione dei lavori finanziati dallo Stato e dalle comunità, della manutenzione delle strade e di alcune fortezze e degli argini dei fiumi. Per finanziare la sua attività riscuoteva alcune imposte e ne amministrava il provento.
Come si vede, le rispettive attribuzioni di queste magistrature non erano chiare e distinte, per cui frequentemente sorgevano conflitti di competenza fra i Nove e i capitani di parte, sia per quanto riguardava i lavori delle comunità, i cui stanziamenti erano sottoposti all'approvazione dei primi, sia per quanto riguardava i lavori finanziati con denaro del pubblico erario. I Capitani di parte confliggevano di frequente anche con la sfera di competenza dello scrittoio delle fortezze e fabbriche.
Gli stessi inconvenienti si verificavano nel sistena finanziario. Con l'avvento del principato fu abolita di fatto la Camera del comune che, insieme al Monte comune delle graticole, era stata la cassa centrale della Repubblica fiorentina e che fu sostituita attorno al 1540 dalla Depositeria generale. A questo organo dovevano essere versati i proventi delle imposte e di quanto altro si riscuoteva dalle magistrature addette a percepire denaro dovuto all'erario per varie cause, detratte le spese per il pagamento degli stipendi al personale e per l'adempimento degli obblighi propri di ciascuna di esse. Infatti nel sistema finanziario e fiscale del Principato mediceo, così come già in quello della Repubblica fiorentina, le imposte venivano istituite per far fronte a determinate spese, ma spesso, sorte come straordinarie, divenivano poi ordinarie.
Esse in genere venivano riscosse e gestite da magistrature create ad hoc o già esistenti. Così era per la "gabella dei contratti" e per la "decima", amministrata dagli Ufficiali di decima, che si riscuoteva in Firenze e nel contado, il cui provento era versato, come abbiamo visto, per la parte che si riscuoteva nel contado, al magistrato dei Nove, e, per quella pagata dai cittadini fiorentini, al Monte delle graticole perché adempisse alle sue funzioni istituzionali (garantire il pagamento degli interessi sul debito pubblico). Lo stesso si dica per la "tassa" del macinato, istituita dapprima come gabella nel 1552 insieme all'Ufficio delle farine, che ne curava la riscossione, e trasformata nel 1678 in "testatico". È inoltre da rilevare che, a parte le gabelle interne ed esterne, che erano riscosse da un'organizzazione periferica di Stato, molte imposte erano riscosse dai camarlinghi delle comunità, che provvedevano a versarle ai vari organi centrali che le amministravano.
Accanto a queste magistrature vi erano quelle preposte al debito pubblico. Le più antiche erano il Monte comune o delle graticole che risaliva alla metà del Trecento, e il Monte di pietà, istituito nel 1495, che oltre a funzionare come istituto di credito su pegno, finì per erogare prestiti con interesse, divenendo in epoca medicea una sorta di grande banca strettamente controllata dai sovrani. Durante il Granducato mediceo si sarebbero poi aggiunti il Monte del sale (dal 1625), nel 1692 il Monte di sussidio vacabile, nel 1706 il Monte di sussidio non vacabile e infine nel 1711 il Monte redimibile. A questi "monti", istituiti quando lo Stato aveva necessità di ricorrere al credito, erano assegnati proventi di imposta per pagare gli interessi ai creditori. Il sistema fiscale e finanziario del Principato mediceo era completato da due magistrature, ancora una volta di origine repubblicana, quelle dell'Abbondanza e della Grascia, che provvedevano a rifornire, particolarmente in tempo di carestia, lo Stato e soprattutto la città di Firenze delle derrate alimentari di prima necessità. Le antiche arti, che erano la base politica della Repubblica, persero con il Principato ogni potere ed operarono come corporazioni preposte alle attività manifatturiere, commerciali e professionali in regime di monopolio.
Quanto al sistema giudiziario, per la giurisdizione civile funzionava in Firenze la Ruota civile, fondata nel 1502 e riformata più volte sotto Cosimo I. Questo tribunale, composto di sei giudici, in generale non fiorentini e spesso non toscani, era diviso in sezioni ed aveva anche la giurisdizione di appello, sia per Firenze, sia per il dominio (dove operavano territorialmente i rettori locali, podestà e vicari), quando gli statuti locali non disponevano diversamente.
Oltre alla Ruota che aveva competenza per le cause civili, amministravano la giustizia altri tribunali, come quello dei Pupilli, che aveva la giurisdizione sui minori, sui poveri, e in genere sugli incapaci, il Magistrato della mercanzia, che aveva giurisdizione esclusiva sulle cause di commercio, i Conservatori di leggi che, fra le altre, avevano la giurisdizione sulle cause dei poveri ed infine il Magistrato supremo che era considerato il "tribunale del principe", e che, in quanto tale, aveva una giurisdizione generale e poteva trattare tutte le cause.
La giurisdizione penale, che nel dominio era esercitata dai vicari, fu affidata in Firenze agli Otto di guardia e balia dopo l'abolizione del Podestà e del Capitano del popolo. Questa magistratura esercitava anche il controllo sulle sentenze dei giusdicenti periferici, che diventavano esecutive dopo la sua approvazione. Dopo il 1543, con l'istituzione dell'Auditore fiscale, il controllo delle sentenze criminali passò a questo alto magistrato, che diventò il regolatore del sistema giudiziario penale del Principato. Come si vede anche il sistema giudiziario, al pari di quello finanziario-amministrativo, si componeva di numerosi organismi che si erano aggiunti gli uni agli altri in tempi diversi dando origine a sovrapposizioni, parallelismi e frequenti conflitti di competenze.
La tenace e sapiente opera di costruzione e consolidamento di un principato stabile e consolidato, saldamente in mano alla famiglia Medici e riconosciuto nel sitema internazionale degli Stati, uno scopo a dir poco ambizioso che aveva occupato Cosimo I per tutta la sua vita, ebbe infine il definitivo suggello con la concessione del titolo granducale da parte del papa Pio V. Nonostante l'elevazione ad uno status così ambìto rappresentasse una notevole conquista politica e di prestigio, da un punto di vista istituzionale l'impianto dato da Cosimo I di fatto non mutò neppure dopo la morte del sovrano, cosicché le magistrature e le strutture di governo create negli anni centrali del Cinquecento sarebbero rimasti gli elementi cardine anche per il Granducato di Toscana e i successivi sovrani Medici.
Soggetti produttori enti collegati:Contesto storico-istituzionale collegato:Redazione e revisione:- Baggiani Valentina, 2005/11/11, prima redazione